La montagna nel nome della Pace

A cura di Paissan Franco

Anche quest’anno l’associazione Mani Unite e la sezione della Sat Carè Alto si sono unite per ripetere l’esperienza degli anni passati, dedicare uno spazio di riflessione sul tema della pace nel mondo, lo hanno fatto in occasione del pranzo sociale in località Vauclo nella valle di San Valentino. L’anno scorso il tema di attualità era la situazione di conflitto in Georgia e a cima Durmont era presente a testimoniare una rappresentanza di quel paese, quest’anno la tragedia che ha coinvolto maggiormente le coscienze dell’opinione pubblica è stata l’operazione “piombo fuso” perpetrata dagli Israeliani nel confronto della striscia di Gaza, ed ecco che si è pensato di portare una testimonianza vera da quella terra. A cercare di farci capire quello che succede in quel pezzo di Palestina è intervenuto Yousef Hamduna nato e sempre vissuto a Gaza, laureato in Scienze della Comunicazione e operatore nel campo dell’educazione infantile e del recupero sociale. Yousef abita a Rimini in una sorta di permanenza forzata, egli si trovava in Italia assieme alla moglie per un corso di aggiornamento professionale che sarebbe dovuto durare un paio di mesi ma allo scoppio imprevisto dell’attacco a Gaza gli è stato sospeso il passaporto, di fatto gli è stata negata la possibilità di tornare a casa; nel frattempo è nata una bambina Mira, in attesa di poter rientrare a Gaza svolge attività di educatore di sostegno a ragazzi problematici in una scuola di Rimini. Una testimonianza vera fatta da una persona Yousef, a cui è negato addirittura il diritto di poter rientrare senza pericoli nella sua patria, la striscia di Gaza in Palestina. In questo intervento quasi angosciante emerge che in questo pezzetto di terra dove vivono un milione e mezzo di persone e un milione di esse hanno meno di 18 anni, manca tutto e quel poco che c’è, è perché lasciato passare attraverso l’embargo totale imposto da Israele e ora anche dall’Egitto è razionato. Ricorda. che dopo l’operazione di pulizia etnica perpetrata nei loro confronti dalle truppe israeliane denominata “piombo fuso”, non rimangono che tragedie umane che Yousef pur con la comprensibile rabbia e la sofferenza che si porta dentro ha raccontato con crudele realtà, lui si ritiene fortunato perché la sua famiglia composta da 12 fratelli ha tutto sommato avuto danni relativamente lievi alla casa e solo feriti tra i parenti. Ha rabbia perche la politica internazionale pare assente e l’indifferenza sembra prevalere anche di fronte alla situazione drammatica in cui si trovano migliaia di famiglie, come se tutto quello che accade non fosse frutto di politiche sbagliate, tollerate ciecamente anche da paesi come il nostro che si definiscono democraticamente avanzati. L’unica speranza per il mio popolo, dice Yousef, siete voi gente comune che con i vostri comportamenti potete tener acceso il lume della speranza. Yousef è padre di una bambina di otto mesi Mira, nata in Italia durante questa permanenza forzata e dice: anche se la mia vita l’ho passata in un paese sempre in conflitto, quasi in un carcere a cielo aperto, io amo la mia terra e voglio che i miei figli come i vostri possano vivere vedendo rispettata la loro dignità e per questo sono qui ad invitarvi a riflettere e a stimolarvi ad andare oltre l’informazione ufficiale, che pare in questa tragedia poco interessarsi della sofferenza che vivono queste famiglie, poi magari bollate sbrigativamente come terroriste. La nostra speranza è nella vostra coscienza, conclude, non potete chiamarvi fuori, non condivido gli estremismi che purtroppo si annidano anche da noi e per questo chiedo scusa per le vittime che hanno provocato ma che ritengo non giustifichino minimamente il prezzo che ci viene fatto pagare.
Penso che chi era presente ed ha ascoltato questa testimonianza fatta da una persona che si è espressa con rara genuinità e che nonostante tutto non ha perso la fiducia, non possa che far riflettere sulle tragedie che scatenano le guerre, in qualunque parte del mondo avvengano, e dal fatto che noi le sentiamo così lontane quasi per esorcizzare le nostre paure. La speranza di tutta questa gente che soffre siete voi fortunati, dice Yousef.
Personalmente mi auguro che questa iniziativa sostenuta con convinzione dalla Sat e dall’associazione Mani Unite serva quantomeno a farci riflettere e ci aiuti ad avere un atteggiamento più consapevole nel confronto di qualunque conflitto che colpisce l’umanità.

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