Forse qualcuno la conosce già. Polina, piccola bielorussa senza genitori, ha 6 anni. A Tione c’è già stata per tre anni ed è una tipetta che si fa notare. All’inizio le cose che colpiscono di lei potrebbero sembrare quelle che le mancano, metà di un braccino, la mano nell’altra (ad esclusione di un ditino, da un anno completato da un pezzettino di piede trapiantato che sta imparando ad essere un buon pollice) , il pezzo di una gamba dal ginocchio in giù. Ma mentre uno la osserva, magari un po’ scosso da quella apparente disarmonia, ad un tratto tutto questo sparisce e gli occhi di Polina diventano calamite che ti portano nel suo mondo. Si può tentare di resisterle ma se ci provi la sua voce comincia a chiamarti, con un’autorità che le viene dalla volontà di non essere esclusa da niente.
E’ fatta, sei perduto per sempre e per la verità scopri presto che ne vale la pena perché il suo è il mondo di una bambina della sua età, non si discute, dove i capricci per fortuna ci sono e vanno combattuti e dove il gioco è il classico insaziabile modo di conoscere quello che sta attorno. Ma è anche un mondo dove si riscopre che la vita è un bene così prezioso da non temere i contraccolpi della fortuna e che la felicità non è proporzionata a quanto si possiede ma a quanto sei in grado di apprezzarlo. Vedere Polina, ad esempio, che apre con i denti la bottiglia dell’aranciata mentre lo trattiene tra i gomiti e che la versa nel bicchiere, è una curiosità che la prima volta lascia preoccupati (la voglia di intervenire ad aiutare è forte ma lei rifiuta in modo sostenuto), poi diventa il piacere di vederla, soddisfatta della sua autonomia (e del dolce sapore dell’aranciata, naturalmente). Nel 2010 Polina ha vissuto la traumatica esperienza di un’operazione difficile, azzardata, dall’esito per nulla scontato. All’Ospedale di Peschiera del Garda, la clinica della Mano, un’equipè di medici formata per l’occasione, le ha tolto dal ginocchio della gambina più corta due piccole dita, accenno di un piede senza futuro, e le ha trapiantate al polso del braccino più lungo, dove era presente l’unico dito che possedeva. Questo per dare a Polina un pollice da opporre e poter così stringere oggetti che servono per mangiare, per scrivere, per giocare. Per lunghi giorni è stata in terapia intensiva continuamente accompagnata e attentamente controllata ma soprattutto circondata da un affetto incredibile che lei ha ricambiato con la forza responsabile di un adulto. Ma la storia di Polina non è speciale solo per questo. Quello che Polina è riuscita a fare è molto di più, dal riuscire a far incontrare l’Associazione di Mani Unite con i medici che l’hanno operata (provenienti da diverse zone italiane e dalla Francia), a sconvolgere un’intero ospedale che attorno a lei ha ritrovato (l’hanno detto tutti gli operatori ai diversi livelli) il profilo umano della propria missione, dall’indurre l’amministrazione ospedaliera ad aprire per la prima volta i reparti con i bambini ai clown, che ora sono diventati una presenza costante. E’ riuscita a conquistare la clinica di Budrio, nel Bolognese, che le ha costruito una protesi con la quale ora cammina (anzi corre), cosa che con l’uso della mano le consentirà di frequentare i corsi di studio come gli altri bambini (che altromenti le sarebbero stati preclusi) e di giocare. E, non ultima, l’esperienza positiva di Polina ha fatto nascere speranze anche per Katia, una sua coetanea anch’essa bielorussa, le cui gambe sono paralizzate e le cui braccia si muovono con grande fatica. Per Katia non erano state date speranze ma sull’onda dell’entusiasmo l’Associazione Mani Unite ci ha riprovato, anche se conscia delle difficoltà. E anche per Katia sono intervenuti degli angeli custodi, prima il Gruppo dei Lyons delle Giudicarie con una super carrozzella che le ha fatto provare la felicità di guidare per la prima volta da sola i propri spostamenti, poi quelli del Centro di Neurologia di Tione che l’hanno abituata all’inebriante sensazione di stare in piedi e di camminare” dopo che il centro di Orthotecnica – Tessadri di Trento le ha realizzato dei tutori agli arti. Nell’ultima foto arrivata, Katia, davanti a una radio, si esibisce in un ancheggiante ballo tutta da sola.
Per Katia e Polina la strada è ancora lunga (visite, piccoli interventi e adattamenti delle protesi saranno ancora momenti difficili e importanti) ma se si dovessero misurare i passi che hanno fatto sarebbero ben superiori ai metri che hanno percorso. E come spesso capita un braccino che si arresta al gomito ha saputo prendere per mano tutti, affidando ogni mano a quella di chi gli stava vicino, in una catena di solidarietà e d’amore di tantissime persone che altrimenti non si sarebbero toccate. Anche questa, come molte altre, è una storia senza inizio e senza fine su questa pianeta tutto tondo, anch’esso senza inizio e senza fine, che ci è stato regalato perché lo percorressimo insieme.
Un caro amico Vincenzo
Camminiamo con Polina
A Polina da Vincenzo